Ginevra. Gennaio 2018. Puntuale come ogni anno, il Salone internazionale dell’alta orologeria ha ospitato le ultime novità in fatto di meccanismi e complicazioni in casa Richemont. Di seguito le mie impressioni sulle ultime collezioni presentate da A. Lange & Söhne, Jaeger LeCoultre e Vacheron Constantin.
Oltre all’atteso tributo al recentemente scomparso Walter Lange, la manifattura di Glashütte ha presentato il 1815 Chronograph in oro rosa, con cassa da 39,5 mm e quadrante disponibile in nero o argenté. Bella l’essenzialità delle linee, con le cifre arabe e la minuteria in stile “chemin de fer”, ovvero “rotaie” a causa dei due cerchi concentrici a margine del quadrante, molto ravvicinati e scanditi con sessanta tacche, una per ciascun secondo; ne risulta un motivo che ricorda i binari del treno, da cui l’eponima espressione francese. Il 1815, oltre ad una riserva di carica di ben sessanta ore, è ulteriormente valorizzato dalla presenza della funzione flyback, che permette di effettuare misurazioni in successioni immediate. Divertente, infine, la funzione di registrazione del battito cardiaco grazie alla scala da 40 a 200 battiti presente sull’anello all’esterno delle rotaie. Basterà calcolare il tempo in cui avvengono trenta pulsazioni cardiache e guardare il valore indicato dalla lancetta dei secondi al termine della trentesima. Prezzo € 50.200
Jaeger LeCoultre, dal canto suo, cerca di spiegare al suo pubblico che oltre all’iconico Reverso c’è altro. E lo fa con la collezione Polaris, sportiva e contemporanea, tonda e ispirata all’omonimo modello del 1968. Difficile dire se l’operazione sia riuscita o meno. Da un lato, il mercato pare dare ragione alla maison, con la formula del see now buy now che in 24 ore dal lancio ha registrato la vendita di ben 25 Memovox in edizione limitata; dall’altro alcuni modelli ricordano un po’ troppo la famiglia Speedmaster di Omega, come l’Automatic, che per fortuna si differenzia per la costruzione a due corone, una per l’ora e l’altra per la ghiera, in pieno richiamo al mondo dell’immersione. Interessante, in effetti, la funzione di sveglia del Memovox, che permette di fare a meno del telefono al mattino e ancor più interessante è il prezzo di partenza pari ad € 6.850.
Tra le collezioni presentate da Vacheron Constantin spicca la Fiftysix, ispirata appunto alla decade tra gli anni ’50 e ’60, gli anni d’oro degli orologi rotondi, quelli che hanno registrato record estetici difficilmente battibili. Divertente l’idea creativa collegata al lancio: sette amici di diverse nazionalità (tra cui il sottoscritto), tutti membri di un esclusivo “Club di Alta Orologeria per Gentiluomini”, si incontrano a Londra per testare in anteprima i nuovi segnatempo della maison ginevrina. In un’atmosfera goliardica e maschile, tra un whisky torbato e i piaceri della sartoria a domicilio, il risultato è un piacevole video aspirazionale, coerente con il set valoriale alla base della collezione. È stata una vera e propria full immersion nel mondo Vacheron Constantin, che mi ha permesso di avere un punto di vista privilegiato sulla collezione, toccando con mano e in anteprima i nuovi segnatempo. La collezione Fiftysix, disponibile sia in oro rosa sia in acciaio, funziona sia da un punto di vista estetico sia per il prezzo d’ingresso più basso rispetto alle altre collezioni. Quanto ai dettagli tecnici, in un crescendo di complicazioni, si parte da un automatico (da €11.800), molto competitivo per la maison, cui segue un day-date con riserva di carica di quaranta ore (da €17.400). Chiude il gruppo un calendario completo con indicatore a finestra del giorno e del mese (da €23.000). Tutti i modelli presentano una cassa da 40mm con un’apertura che li fa sembrare più piccoli, dettaglio che preferisco, come i lettori più assidui ben sapranno. Promossi a pieni voti.
Il trend dell’orologeria, in conclusione, continua per fortuna a registrare un timido abbandono dei padelloni dal gusto russo o arabo, accompagnato da un continuo (e forse recidivo) ritorno alla reinterpretazione del vintage. Un ritorno che è segnale inequivocabile della completezza espressiva raggiunta dal settore nelle decadi che furono. Al contempo, nell’epoca post Gerald Genta si avverte una disperata ricerca d’identità da parte di ogni maison; se da un lato, infatti, alcuni marchi sono diventati sinonimi dei loro modelli di punta grazie ad una sorta di auspicabile volgarizzazione, dall’altro gli altri lottano per distinguersi in un mare di somiglianze.
Bespoke hugs,
Fabio