Scrivere dell' “abito tradizionale sardo” significa scrivere del sarto (mastru de pannu, in dialetto sardo) Paolo Modolo e della sua opera.
Lo incontro circondato da velluti nella sua sartoria di Orani (Nùoro) rigorosamente alle prese con ago e filo mentre lavora all’ultima giacca. La sua è una storia di sacrificio e duro lavoro: da giovanissimo l’apprendistato di sei anni presso il maestro Corona, rigorosamente a titolo gratuito, poi ventidue anni di lavoro in miniera come operaio per poter dar vita al sogno di aprire la sua sartoria, Orani ne contava all’epoca ben sei ed il lavoro era però poco e riservato alle sartorie già avviate. Nel 1995 l’idea di proporre le sfilate delle sue creazioni porta i suoi frutti e grandi personalità giungono nel suo laboratorio, per farsi realizzare un abito in velluto: ormai tutti identificano l’abito in velluto con la sartoria Modolo. L’abito sardo è un tre pezzi utilizzato nei tempi remoti dal pastore barbaricino, realizzato in due sole varianti di velluto nero o marrone: a coste larghe per la campagna ed a costine talmente sottili (minore di 11 wale) da sembrare quasi liscio per la città.
La giacca a revers è un monopetto con due o tre bottoni e martingala non regolabile, presenta quattro tasche con bottone e pattina sul fronte mentre sul retro è impreziosita da un carré a due campate con punta centrale; il numero delle campate e delle rispettive punte (esistono giacche anche a due o tre punte) consente di individuare il paese di provenienza di chi porta la giacca e spesso in loro corrispondenza, si cucivano delle bande sino alla martingala. Il gilet monopetto è privo di revers ed ha cinque bottoni e due taschini; i pantaloni sono senza risvolto con tasche alla carrettiera e possono presentare all’interno coscia opportune fasce (tamponi) a contrasto, se pensati per montare a cavallo, bottoni a chiusura della patta in luogo della zip.
La qualità del velluto perché l’abito sia filologicamente corretto è quella che la “Duca Visconti di Modrone” riserva alla sartoria del Maestro di Orani ed è realizzata con antichi telai che danno al tessuto una caratteristica altezza di 75 cm in luogo degli odierni 150 cm ed una mano particolarmente compatta e più spessa della linea commerciale. Il “disciplinare” dell’abito sardo è rigoroso e richiede un minimo di venti ore di lavorazione, oggi oltre alla linea tradizionale si affiancano anche tagli differenti utilizzando velluti e tonalità di colore che si discostano dalla tradizione e non mancano anche le declinazioni al femminile che hanno reso la sartoria famosa nel mondo. I clienti sono infatti sparsi per l’intero globo e dal Regno Unito al Giappone in tanti visitano la bottega sarda per indossare una creazione su misura del Maestro, che oggi è affiancato dal figlio Francesco e dal nipote Salvatore.
Dal nostro inviato, Giovanni Onano