Nasce in una famiglia numerosa e cresce tra gli ombrelli in una dinastia di ombrellai. Dopo 84 anni quegli ombrelli sono ancora la sua vita, come quella bottega in cui tutt’oggi realizza a mano le sue creazioni. Mario Talarico Senior oggi è coadiuvato da Mario Jr, figlio di suo fratello e quarta generazione che porta avanti l’arte di famiglia. “Dormivamo nei cassetti di un grande mobile dell’800 che avevamo in negozio; lì nostra madre ci faceva i materassi con le stoffe” - mi racconta Mario, anni 84, mentre crea un intacco in un’asta in faggio. Il giorno della visita è piovoso, clima non propriamente inviso ad un venditore di ombrelli che in bottega espone cartelli con strilli del tipo “Regaláti un ombrello! Se non piove…pioverà”. Disponibili e gentili, i Talarico mi accolgono nel loro negozio/laboratorio situato al limite meridionale dei celeberrimi “Quartieri”. Quelli spagnoli, a ridosso di via Toledo, la strada dove sfilavano le carrozze degli aristocratici ai tempi dei Borboni. Mi mostrano opere d’arte in legno di limoni di Sorrento, come anche in faggio, olmo, castagno, bamboo, perfino in argento, come l’ombrello che il Maestro realizzò per Lucio Dalla, con manico lavorato a mano, come una scultura. “Lucio in segno di riconoscenza mi regalò questo” mi dice il maestro, alzando il polso per mostrarmi un cronografo di alta manifattura svizzera.
Mario Sr mi spiega che due caratteristiche rendono unici i suoi ombrelli, che vanno dai 79 ai 20.000 Euro: le aste non sono intagliate, lasciando il legno intatto lungo tutta la lunghezza dell’ombrello. Procedimento più complesso, perché sarà necessario un anello di grandezza diversa per ogni diametro, laddove altri, per far prima, tagliano tutte le aste dello stesso diametro. Infine, il puntale è in osso e non in metallo. Si lavora la fine dell’asta facendo attenzione a non rovinarla e s’inserisce un perno con colla e cemento per assicurarne la tenuta. “I raggi dell’ombrello in gergo si chiamano balene, perché di balena erano le ossa che gli antichi Etruschi utilizzavano per realizzare gli ombrelli” - mi dice indicandomi un libro in materia, a conferma delle sue parole.
Nel frattempo entra un cliente. Mario mi guarda divertito e mormora sottovoce: “Buongiorno, scusate, mi si è rotto l’ombrello, me lo potete aggiustare?”, anticipando esattamente le parole che quel signore sull’uscio avrebbe detto di lì a pochi istanti. Anch’io sono divertito. E affascinato dall’aria di positiva napoletanità che si respira in quella bottega, dalla clientela che entra ai cassetti che “hanno due secoli”, a detta dello stesso Mario. Ho letto tanto su quest’uomo. Tutto il mondo parla di lui, come testimoniano gli articoli che tappezzano la bottega: dai quotidiani nazionali, ai magazine inglesi, americani e francesi, con annessi video in coreano che raccontano in loop la sua storia ai fortunati visitatori del sol levante. Da napoletano non potevo tollerare di non avergli ancora fatto visita, forse perché mi piace pensare di essere capace di cogliere sfumature magari incomprensibili ad un non-partenopeo. E non parlo solo di vernacolo. Parlo di inclinazioni della voce, di modi di fare, di silenzi e di gesti, che dicono più di velleitarie dichiarazioni d’intenti. Una sola nota di dissenso: accanto alle creazioni artigianali, i Talarico offrono anche ombrelli da 5, 15 e 25 € non fatti in Italia. “E’ per il cliente di passaggio”, mi spiega Mario Jr, che, per fortuna, dichiara di essere contrario all’offerta di quel tipo di prodotto, fatta solo per compiacere zio Mario. “E’ un’altra generazione”, conveniamo.
Bespoke hugs,
Fabio